martedì 23 ottobre 2012

RedBull l'energy drink che ha fatto il marketing storia e strategia



Oggi vi portiamo nel mondo dell’energy drink più famoso del mondo, che ha fatto del marketing e della pubblicità il suo punto di forza, accostando al proprio marchio più di un’associazione mentale ad un singolo prodotto.
Vi portiamo nel mondo di RedBull, che trae le proprie origini in Asia e che è stato portato in europa da un austriaco ambizioso e con molta fantasia, raccontandovi la storia di business e le strategie che sono alla base di questo successo planetario!

LA NASCITA DELLA REBDULL
Nato nel 1944 a Sankt Marein im Mürztal, Dietrich Mateschitz non è mai stato un ”predestinato”: una carriera universitaria percorsa a rilento, con una laurea in Economia ottenuta a 28 anni alla Hochschule für Welthandal di Vienna; un curriculum lavorativo fino ad allora caratterizzato da un’attività commerciale non proprio rivoluzionaria (la direzione marketing internazionale dell’azienda tedesca Blendax, nel settore dei dentifrici, delle creme per il corpo e degli shampoo) e, soprattutto, un prodotto alimentare su cui puntare che è afflitto da un sapore dolciastro e vagamente nauseante, con un prezzo estremamente alto e sul quale hanno forti riserve anche i suoi consumatori più entusiasti.
Quella che sembrerebbe la ricetta per una catastrofe imprenditoriale è invece la lista degli elementi di partenza con cui è stato costruito l’impero di Dietrich Mateschitz, l’inventore della madre di tutti i cosiddetti energy drinks: la Red Bull.
La storia della RedBull è la tipica storia di business nata quasi per caso: durante un viaggio di lavoro in Thailandia, Mateschitz giunse a Bangkok dove, per riprendersi dal jet-lag, bevve una bibita rigenerante locale: la Krating Daeng (che, tradotto, è simile a “bufalo rosso d’acqua”). Questa bevanda, a base di Lipovitan, era molto diffusa in Asia soprattutto tra autotrasportatori e contadini, che riuscivano a combattere la stanchezza e rendere al meglio anche nelle ore notturne.
La svolta, però, avvenne quando Mateschitz, allora ancora direttore di Marketing della Blendax, scopri che la produttrice della Krating Daeng era una delle aziende con maggior fatturato in Giappone ed una partner della Blendax.

E’ proprio qui che venne fuori la mentalità imprenditoriale, la mentalità che solo pochi innovatori al mondo hanno: Mateschitz propone all’azienda Giapponese di lavorare insieme su questa bevanda.
Il socio thailandese fu daccordo e, investendo 500.000 $ a testa, ne modificarono la ricetta, adattandola ai gusti occidentali, modificando il packaging e il nome.
Nei primi anni le vendite di RedBull sono pessime, ai consumatori non piace il gusto e le analisi di marketing danno risultati pessimi, ma Mateschitz insiste, convinto che la sua “non è un’altra bibita, ma un prodotto estremamente efficace”.
E’ in questo momento che viene creata la strategia di marketing più rivoluzionaria della storia, in grado di far diventare una bevanda dolciastra e dal colore dubbio, un fenomeno mondiale.
Sfonda in Austria, poi in Ungheria, in Gran Bretagna e in Germania, dove la Red Bull non riesce a soddisfare l’impennata della richiesta. L’energy drink austriaco conquista l’Europa, poi dal 1997 dilaga negli Stati Uniti e nel resto del mondo.
La presenza di taurina e, soprattutto, di una quantità di caffeina pari a 12 tazzine di caffè, portano la Francia a vietarne la vendita ma, dopo pochi mesi, anche l’Eliseo capitola.
Nel frattempo si rincorrono le leggende su questa bevanda quali, ad esempio, che la taurina sia estratta dai testicoli di toro o che sia molto dannosa per la salute, e si diffondono modi di bere differenti, primi tra tutti la creazione di cocktail superalcolici. Ma Mateschitz cavalca e gestisce al meglio queste dicerie, rendendo il marchio RedBull sempre più forte: i numeri dicono tutto: nel 2010 RedBull ha venduto più di 4 miliardi di lattine nel mondo, fatturando più di 3 miliardi di euro.

LA STRATEGIE DI MARKETING.
Nel giro di pochi anni, l’azienda austriaca ha imposto in tutto il mondo la vendita dell’energy drink in sleek cans, ovvero l’attine in alluminio slanciate verso l’alto, con un disegno semplice ma di effetto, formato da quattro parallelogrammi affiancati e sovrapposti, di colore blu e argento, e un logo, formato da due tori rossi contro un sole. La “livrea” di queste lattine è diventata un riferimento per tutti consumatori, riconoscibile ovunque, alla pari dell’onda della CocaCola.
E proprio la CocaCola, dopo pochi anni, ha adattato la propria lattina, passando dal formato più basso e rettangolare alla sleek cans, che è stata poi ripresa anche da altri energy drink, primo tra tutti il Burn, diretto concorrente della RedBull e prodotto, guarda caso, proprio da CocaCola.
Ma Mateschitz non si è focalizzato solo sul “prodotto” RedBull: il marchio è stato reso estremamente riconoscibile e associato a sport, movimento, velocità e attività divertenti (a volte anche spericolate): il consumatore, vedendo la scritta RedBull, non vede solo un prodotto pieno di zuccheri e caffeina, ma un modo di vivere orientato al movimento, all’essere attivi, allegri e anche spericolati!
Non a caso, l’imprenditore austriaco ha investito in alcuni sport, principalmente in Formula1, dove possiede ben due scuderie: la prima si chiama, appunto, RedBull, è realizzata in collaborazione con Renault e, grazie al talento di Webber e Vettel, sono due anni che domina il campionato del mondo; la seconda scuderia, invece, nasce dalle ceneri della Minardi e, mantenendo sede, tecnici e tecnologia italiana, è stata chiamata ToroRossoe staziona sempre negli ultimi posti delle classifiche.
Altra sponsorizzazione riguarda il calcio: Mateschitz ha comprato, finanziato e sponsorizzato bel 4 squadre di calcio: il Red Bull Salzburg, il Red Bull Brasil, Il Red Bull Leipzig e i New York’s Red Bulls, per il quale è stato costruito il più grosso stadio di soccer mai apparso sul suolo americano, che si chiama, manco a dirlo, Red Bull Arena.
Sempre nel calcio, da poco è stata sponsorizzata anche la RedBull Street Match, la competizione di riferimento per tutti coloro che giocano a street soccer, organizzando partite e tornei a livello nazionale.
Infine, c’è la sponsorizzazione continua di atleti, anche singoli, per periodi di tempo lunghi o per singole competizioni, soprattutto orientate verso gli sport estremi, come il RedBull X-Fighters, l’evento mondiale di acrobazie con le moto!
Al di là delle sponsorizzazioni, il marchio RedBull viene piazzato, quasi ossessivamente, ovunque, con trovate di guerrilla marketing lontane anni luce dalle pratiche tradizionali, il tutto in base al credo “Non c’è mercato per il nostro prodotto. Lo creiamo noi” e Mateschitz c’è pienamente riuscito, anche per le strade: pensate allaRedBull Car, le Mini che portano sul tetto una mega-RedBull e che ne distribuiscono lattine omaggio per le città.
Ora RedBull conta 8mila dipendenti in 161 paesi, viene “governata” da una specie di hangar vicino l’aeroporto di Salisburgo e, il suo padre-padrone, continua ad investire, diversificando anche le proprie attività: ultima trovata è la creazione di un settimanale allegato ai principali quotidiani USA.
Indovinate come si chiama? RedBulletin…chiaramente sponsorizzato da RedBull!

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